mercoledì 24 marzo 2010

La sveglia secondo X

Sono le otto del mattino.
X sedeva come d'abitudine a tavola per la colazione: si era appena destato e stava già enumerando mentalmente i motivi che avrebbero dovuto spingerlo ad affrontare la grande battaglia quotidiana chiamata "giorno", che il più delle volte era poco più che un'effimera guerra di posizione.
La tavola, un austero e scuro rovere inglese di fine Ottocento, era imbandita di tutto punto, popolata dal caffè, nella brocca di vetro, le fette di pane, preparato in casa con farina biologica, le arance di fine stagione, che si accendevano di rosso fuoco, e le bottiglie di latte Granarolo (rigorosamente intero). I silenziosi abitanti del villaggio "colazione" erano seduti in piazza, impeccabilmente disposti sulla tovaglia cerata color crema.
Tutto aveva un senso nell'architettura del risveglio, c'era chi fruiva, alzatosi svogliatamente e con le palpebre pesanti, chi predisponeva, e di questa predisposizione aveva fatto un' arte logorante e maniacale, una tecnica perfetta che diventava centro dell'esistenza, e chi osservava. La predisposizione della tavola era parte di questa architettura, del cui progetto, da sempre, si occupava M.
L'artista della forma, e in particolar modo l'esperto dell'estetica dell'agire umano, fa di quest'ultima il prinicipio e la fine di ogni atto, ed M, ne era maestra: la forma doveva essere visibile, riconoscibile, funzionale e, assolutamente, non professata. La forma era un credon che, come molti altri nella nostra società, era praticato ma non professato. Così M. affrontava la quotidianità come una partigiana la guerriglia, negando nei fatti l'evidenza delle proprie parole. Ma questa particolare dissonanza era solo uno dei numerosi tratti che coloravano la personalità M. e sarebbe troppo poco ridurre la profonda complessità a una singola pennellata, poiché infinite sono le sfumature e i colori che il destino usa per rappresentarci sulla tela della vita.
Nel contempo la televisione farfugliava, ma X, era veramente troppo indaffarato a prendere coscienza di sè per prestare attenzione alla catena di parole della scatola elettrica. Litanie sciamaniche a senso unico, posate e dimenticate. Quella li-ta-ni-a mediatica, lo avvolgeva, e riempiva i vuoti della stanza, impalpabili ed omnipresenti, ma non lo poteva conquistare. X, infatti, che aveva realizzato verso quel curioso teatrino elettrico una sorta di repulsione, non potendo escluderlo dalla propria vita, l'aveva accettato come una sorta di parente acquisito, una zia farfugliante da "sop" e che si era ritagliata un posto a tavola: non potendo eliminarla le riservava la più totale indifferenza.
La colazione, quindi, rito estetico e mediatico non poteva essere sinestesia senza quell'odore di sigaretta che, subdolo, si diffondeva nell'aria e si insinuava nelle narici di X.: "tutto intorno a te", come proclamava la brunetta in quella pubblicità della compagnia telefonica, e dentro te.

martedì 23 marzo 2010

Narciso


Il flutto gorgoglia reinterpreta la vita

Il pugile





Una viso smunto, dalla bizzarra simmetria,
si affaccia sul calle.
Il volto sfinito, gli occhi vitrei e rattoppati,
sul naso schiacciato pesano i gong secolari:
vecchio veterano stanco

giovedì 18 marzo 2010

Epopea del risveglio



"Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l’estenuato borbottìo di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell’ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre le automobili fameliche"

Sei sveglio, o stai semplicemente sognando ad occhi aperti? E' ora di vivere la tua giornata; assapora l'attimo: non negarti la gioia dell'alba e la serenità del tramonto. Non spegnere i tuoi pensieri: la lampada deve essere sempre accesa! Non farti distogliere dal brusio della forma. Veglia!
Siete imbottiti di televisione, annestetizzati da internet e dalle chat: la realtà entra in casa vostra dal tubo catodico e ne respirate la distorsione. I vostri polmoni sono saturi di magnetismo. Respirate stress. Sognate la libertà quando in realtà siete liberi.

PUNTO 1 - ripristinare la coscienza - il mio particolare
Prendetevi del tempo: non ne avete? In cosa sprecate i vostri giorni? Pensateci? Ci avete pensato? Bene, è un grande inizio!
Uscite di casa, vestiti alla meno peggio: irriconoscibili, senza vestiti firmati, ve ne prego, liberi da ogni vincolo commerciale e formale; siete agenti segreti e lavorate per il miglior governo del mondo, la vostra "Mente". Prendete con voi una qualsiasi macchina per acquisizione di immagini (una volta si chiamava "macchina fotografica", oggi non so come definirla, la tecnologia ha reso tutto dipendendente dall'immagine), passeggiate per le strade che frequentate abitualmente, per routine magari, e catturate un particolare, fatelo vostro.
Riappropriatevi del vostro piccolo frammento di realtà e diventatene gelosi: la realtà vi appartiene e quel particolare è vostro. Potete fotografare qualsiasi cosa.
Mentre lo fate, mentre siete affaccendati, magari in mezzo a un parco, o su di un grattacielo o nei bassifondi di una metropoli, soffermatevi a respirare l'aria, che vi circonda, pensatela come l'ultima boccata, a pieni polmoni. Sentitevi sull'orlo di un cambiamento radicale: una conversione totale.
Parlate con chiunque incontrate per strada, quegli individui, senza volto definito, che rifuggite durante il giorno, sono i vostri fratelli: ingranaggi, molle, cavi del cuore tecnologico che vi circonda. Non fuggite il loro sguardo.
Spiegategli quello che state facendo. Una volta catturato il particolare che vi interessa... tornate a casa, stampatelo, mettetevelo davanti e scrivete una pagina che spieghi cosa vi ha spinto a fotografarlo. Scrivete di getto. Poi... mandate quello che avete scritto via mail a una persona che vi è cara, e a una che non sopportate assolutamente. E aspettate. Ah! Allegate l'immagine
Avete completato il primo passo del vostro risveglio!

mercoledì 17 marzo 2010

INTERESSANTE ANNOTAZIONE

If you always live with those who are lame,
you will learn to limp.

lunedì 1 marzo 2010

La tradizione del dono

Non ho tempo che per appuntare un pensiero che mi ha "colpito" mentre affrontavo un testo di Girard René, La pietra dello scandalo, edito da Adelphi: nel primo saggio viene analizzato il "rito" dello scambio dei doni nella società moderna e le eventuali conseguenze che esso comporta.
Come ogni rito esso ha certamente il fine di consolidare i legami sociali, contribuendo nello stesso tempo al buon andamento degli affari. [...] La prova che quello del regalo è un autentico rito ci viene data dalle regole ferree che lo governano. Tali regole esigono un tatto straordinario nell' esecuzione, per la buona ragioneì che sono in fine dei conti contraddittorie.
Esse cercano di conciliare l'imperativo della reciprocità e dell'ugualianza con l'imperativo della differenza, che non è meno essenziale.
I grandi imperativi del dono definiti da Mauss sono sempre presenti nel regalo contemporaneo: dare-ricevere-rendere. Se uno dei due regali ha un costo maggiore dell'altro, la parte sfavorita non osa manifestare il suo disappunto, ma questo non fa che aggravarlo. La parte favorita, a sua volta, non è più contenta e si domanda se il valoresuperiore del regalo ricevuto non costituisca una critica indiretta da parte di chi l'ha donato. Ci si sente sospettati di tirchieria. Se la differenza tra i regali riflette una forte disugualianza economica tra le persone che se li scambiano, il risultato sarà acnora peggiore. Lungi dall'essere soddisfatta, la parte economicamente più svantaggiata sarà divorata dalrisentimento. Avrà l'impressione che la si sia voluta umiliare.

Questo, nella maggior parte dei casi risulta essere vero, a partire dalle società arcaiche, dotate di una gerarchia sociale, che differenzia li strati a seconda del potere e della proprietà. Vi è quindi una valutazione del dono in termini quantitativi.
Ma quello che mi ha sconvolto è stata quindi l'assoluta originalità di una manciata di versi del Vangelo, in cui questa differenziazione viene invertita e rapportata alla possibilità dell'offerente, sempre nell'ottica di Gesù. La parte che riceve è Dio, metaforicamente il tempio e la casta sacerdotale che si occupa dell'esercizio dei riti sacri, gli offerenti sono diversi, dai ricchi mercanti sino a una povera vedova. Le vedove, sin dall'antico testamento sono tra i gruppi sociali più a rischio nella società ebraica. Non a caso più volte il buon praticante viene chiamato a soccorrerle e a servirle nel nome di Dio, tuttavia nella prassi vengono emarginate dai più, forse come categoria non produttiva. Eppure leggete il Vangelo di Marco capitolo 12, vv. 41 e ss.:
Sedutosi di fronte alla cassa delle offerte, Gesù guardava come la gente metteva denaro nella cassa; molti ricchi ne mettevano assai. Venuta una povera vedova, vi mise due spiccioli che fanno un quarto di soldo. Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico che questa povera vedova ha messo nella cassa delle offerte più di tutti gli altri: poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, ma lei, nella sua povertà, vi ha messo tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere.

Si tratta di un appunto, non di una tesi da dimostrare, ma volevo raffrontare i due modelli di valutazione nella rito del dono.